sabato 2 ottobre 2010

Corbellini su Zuckerman: Un miliardo (e più) di non credenti


Da segnalare l’interessante articolo Un miliardo (e più) di non credenti su Il Sole 24 Ore del 26 settembre, recensione di Gilberto Corbellini del saggio curato dal sociologo Phil Zuckerman Atheism and Secularity (in due volumi, di cui è uscito il primo). Il sociologo del Pitzer College è un punto di riferimento imprescindibile per lo studio della non credenza nel mondo contemporaneo.
I non credenti, “cioè le persone che non credono in un dio personale nè in entità ultraterrene”, sono tra i 500 e i 750 milioni nel mondo e se si aggiungono le persone “che sono religiose ma non si sentono parte ‘di nessuna chiesa’, o persone che semplicemente si dichiarano non religiose ma ‘credono in qualcosa’, il numero potrebbe quasi raddoppiare”, scrive Corbellini. Stimati nel 1900 allo 0,2%, i non credenti oggi per numero vengono dopo cristiani, islamici e induisti e sono distribuiti nei paesi più sviluppati a livello economico e con alti livelli di scolarità e qualità della vita.
“Contrariamente a quello che si sente dire”, sottolinea Corbellini citando gli studi di Zuckerman, “nel mondo gli atei sono in aumento e anche il processo di secolarizzazione è in espansione”, con circa 8,5 milioni di non credenti o atei all’anno in più.
“Ateismo e secolarizzazione” vedono “numerosi tratti positivi, come livelli significativamente più bassi di pregiudizio, di etnocentrismo, di razzismo e di omofobia” e “supporto maggiore all’eguaglianza femminile”. I non credenti inoltre “allevano i loro figli promuovendo in loro la maturazione di un pensiero indipendente e senza ricorrere a punizioni corporali”. Zuckerman “non ignora gli studi che sembrano dire cose diverse” sui non credenti, “ma dimostra che o sono metodologicamente mal impostati, o che mettono l’accento su aspetti diversi”. Pur emergendo che le persone religiose sono meno a rischio per disturbi del comportamento, consumo di alcoolici e droghe o per la violazione della legge, “per quanto riguarda i comportamenti più violenti e gli omicidi, gli atei non sono più a rischio dei religiosi”.
Altro “luogo comune che gli studi demografici e sociologici sfatano è quello che gli atei non abbiano valori”: piuttosto, sono “carenti in quei ‘valori’ che prevalgono tra le persone molto religiose, come il nazionalismo, i pregiudizi socio-sessuali, l’autoritarismo, l’antisemitismo, la chiusura mentale e il dogmatismo”. Ma gli atei continuano ad essere “la vera ossessione degli integralisti”, subendo discriminazioni sia nei paesi cristiani che in quelli islamici. “Quando si dice che le religioni stanno tornando” afferma poi Corbellini, “in realtà si confonde la religiosità con il fenomeno socioculturale che le vede trasformarsi in strumento di lotta politica”, fenomeno più acuto in quelle zone “dove c’è o torna la povertà economica, e dove c’è o torna l’ignoranza”.

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