venerdì 7 ottobre 2011

Il mistico per Wittgenstein

Per Wittgenstein il mistico si riferisce a tutta quella sfera di valori che noi non possiamo affrontare superficialmente nel linguaggio: i valori religiosi, quelli estetici, il senso della vita. Sono aspetti che noi non dobbiamo e non possiamo formulare in modo certo perché se noi provassimo a farlo loro perderebbero quell’universalità che detengono nella misura in cui sono invece consegnati al silenzio. Per Wittgenstein il mistico c’è, esiste ed è l’inconoscibile.
Wittgenstein disse al suo primo editore: “buongiorno, gli ho portato il mio libro, si chiama il Tractatus logico-philosophicus, è costituito da due parti, una scritta e una non scritta. Bene, sappia che quella non scritta è di gran lunga quella più importante.”
Alla parte non scritta del libro era consegnato quello che secondo Wittgenstein a noi e anche a lui premeva di più: i sentimenti, i valori etici, la bellezza, insomma il senso della vita.
Alla sfera del mistico è consegnato tutto ciò che noi avvertiamo profondamente ma che non possiamo dire esplicitamente.
Il tema del silenzio è importante e per questo Wittgenstein dice: “chi mi ha seguito sin qui avrà probabilmente scoperto che le mie proposizioni sono prive di senso perché ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.
Il silenzio che invoca Wittgenstein è il silenzio che emerge alla fine di un bel concerto, di un’opera, di un bel libro, dice: “io vi ho spiegato a quali fraintendimenti sono spesso esposti i nostri  punti di vista, vi ho anche insegnato che sono un non senso e probabilmente anche le mie stesse proposizioni lo sono ma almeno loro vi indicano il modo come evitarle. Da questo momento in poi, quindi, per favore, tacete.”
Perché dice questo?....per non cadere nei tanti non sensi a cui la stessa sua opera si è esposta, perché l’inesprimibile per Wittgenstein è il vero protagonista. L’indicibile è la cosa più importante della vita umana. Quindi è come se quello che nella vita non si può esprimere costituisse l’incantevole sfondo sul quale quello che è espresso acquista finalmente un significato vero.

2 commenti:

  1. E, se posso chiedere, quale sarebbe il "significato vero" di ciò che esprimiamo? Cioè: se nel linguaggio non possiamo esprimere ciò che v'è di più importante nella vita (valori, senso della vita, ecc), allora il significato delle frasi sensate non dovrebbe mutare; come accade che in una frase logicamente sensata io riesca a cogliere quel "significato vero" di cui parli? Non lo capisco, mi scuso se è una domanda stupida, non sono certo un esperto in materia

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  2. Ciao! ti rispondo con un Koan, (filosofia zen) molto famoso:

    Un giorno una monaca di nome Wujincang chiese al sesto patriarca zen Huineng:
    “Ho studiato il Nirvana Sutra per anni e anni e ancora vi sono punti che non capisco bene. Pensi che riusciresti a spiegarmeli?” e gli diede in mano il libro con i passi segnati.
    “ Mi spiace ma non so leggere – lui rispose – se mi leggi tu i brani, vedrò se posso aiutarti a comprenderli”
    “Se non sai neppure leggere le parole, come puoi capire la verità che è dietro di esse? – gli disse la donna.
    “La verità e le parole – rispose il maestro – non sono collegate. La verità può essere paragonata alla luna e le parole ad un dito. Posso usare il dito per indicare la luna, ma il mio dito non è la luna e tu non ne hai bisogno per vederla.”

    eccomi...il linguaggio è semplicemente uno strumento per indicare la verità, un mezzo per aiutarci a raggiungere l'illuminazione. Scambiare le parole con la verità è ridicolo quasi quanto confondere un dito con la luna.

    Ciao Fabio

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