mercoledì 17 novembre 2010

Parresia

Nella tradizione antica esisteva una pratica definita con il termine parresia, che possiamo tradurre con parlar chiaro, dire tutto con estrema chiarezza, dire tutto quello che si pensa. Potrebbe sembrare che parresia, in questo caso, si identifichi con la sincerità e ci sono buone ragioni per dirlo, infatti, stando ad una etimologia in uso vuol dire "sine cera" quindi trasparente senza nulla che veli. Quindi la sincerità, da questo punto di vista, corrisponde alla parresia. Come parlare chiaro, la sincerità, è la trasparenza in cui si dice quello che si pensa, senza finzione. 
E’ evidente che oggi, come nell’antichità, c’è una difficoltà ad essere sinceri. Dire quello che si pensa non sempre può risultare conveniente perché si dice anche il disaccordo e se lo si dice con chiarezza evidentemente si prende una posizione che può disturbare il cosiddetto quieto vivere. 
In una cultura delle buone maniere o dell’adattamento c’è anche un adattamento della verità alle situazioni e quindi un elemento di passività non al servizio della verità ma una verità messa al servizio di qualcosa che chiamiamo in senso lato la convenienza. Ora è chiaro che in alcuni casi la prudenza suggerisce di non dire proprio la verità del tutto, di accennarla, anche perché non è detto che dicendola, chi ascolta, la comprenda. Potrebbe dire: “è una tua posizione, perché mai dovrei adottarla”. 
Qui si introduce una nuova variante, e non di poco peso: si può essere sinceri e dire sino in fondo quello che si pensa? Ma quello che si pensa è vero? Corrisponde allo stato delle cose? 
Noi possiamo essere perfettamente sinceri rispetto alla nostra posizione, alla nostra intenzione, diciamo quello che pensiamo, ma non è detto che quello che pensiamo sia vero. Quindi io posso essere perfettamente sincero, come si dice parlare in tutta buona fede, ma non dire il vero e quindi chi ci ascolta potrebbe anche sentirsi autorizzato a confutare la mia opinione. Il vantaggio della sincerità è che io dico ciò che penso, lo espongo alla confutazione e quindi da questo punto di vista ho il coraggio di proporre quello che ho in mente, di dire come stanno le cose, ho il coraggio di espormi alla critica dell’altro. Anche se nella mia sincerità io non dico la verità perché posso anche sbagliare, sottopongo la mia opinione alla verifica, perché se io non sono sincero, non posso sottoporre la mia opinione alla verifica. Quindi per essere sinceri non è necessario dominare la verità, per essere sinceri bisogna dire quello che si pensa e proporlo ed esporlo alla critica degli altri.
La parresia non è soltanto utile perché non inganna ma è utile perché permette a noi di potere accertare se quello che pensiamo corrisponde allo stato di cose, dice come va il mondo, oppure sotto l’obiezione dell’altro riconoscere in effetti che la mia opinione non è vera. 
Il contenuto della sincerità può essere opinabile, ma per stabilire quanto è opinabile devo essere sincero perché se non sono sincero evidentemente non mi metto mai in una sfida con la verità. Si può essere sinceri senza avere la verità però se non si è sinceri non si può mettere se stessi alla prova della verità ed ecco la ragione per cui il parlar chiaro, il dire quello che si pensa, è un elemento importante di chiarimento nel rapporto con gli altri e nel modo in cui, da prospettive diverse, si giudica il mondo. 
Se tutto questo è vero è anche vero che molte volte, dicendo a chiare lettere quello che si pensa, non solo si dice la verità ma si disturba qualcuno, si disturba chi la vuole nascondere, si disturba chi, attraverso simulazioni, proprio essendo non sincero, si cela. 
Non solo la parresia mette alla prova la verità di quello che io penso ma la parresia svela l’eventuale inganno dell’altro e quindi da questo punto di vista la parresia è inquietante, disturba, è pericolosa. 
Quando si dice quello che si pensa, questo gli antichi lo sapevano, ci si mette a rischio. Infatti una delle caratteristiche fondamentali della parresia, allora, era il coraggio. 
Per gli antichi la parresia non era solo essere sinceri, ma l’essere sinceri sotto una certa condizione, essere sinceri nei confronti del potere, dire la verità al potere.
La parresia era nel mondo antico, Foucault in un suo bel saggio l’ha mostrato, fondamentalmente asimmetrica, non era il semplice essere sinceri, era l’essere sinceri in condizioni di pericolo, dire la verità a chi aveva in mano lo scettro del potere e quindi spogliarlo del suo mistero. 
In una società come la nostra non solo c’è un accomodamento per il quieto vivere ma c’è anche un’inerzia nei confronti del potere, si preferisce aggirarlo e non scontrarsi con esso il che vuol dire che se io lo evito il malaffare gira lo stesso e se non mi prende di petto mi afferra per contiguità. C’è una parola molto chiara per dire questo: omertà. Non essere sinceri vuol dire sostanzialmente essere omertosi nei confronti del potere.
Il coraggio è la dimensione psicologica necessaria per potere dire la verità al potere.
Si può essere sinceri da soli, più facile se in relazione di comunità. Soltanto in una relazione di comunità si fa schieramento, si fa forza. Se il coraggio non viene da me può venire dall’insieme che si fa coraggio.

1 commento:

  1. Grande.. Hai risposto a una domanda che mi ponevo da mesi.. Mi sento sempre scisso fra 2 parti, una che vuole che dica cio che io penso realmente.. L'altra che vuole che io dica cio che secondo me la società pensa..

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