venerdì 3 agosto 2012

L'egoismo romantico


Parla Fréderéric Beigbeder, autore del libro "L'amore dura tre anni", celebre per i suoi personaggi affettivamente disillusi. Secondo lo scrittore francese la coppia deve accontentarsi di un amore a tempo limitato. Sono altre le forme di relazione che sopravvivono in eterno, come il legame tra genitori e figli. 
di ANAIS GINORI 

Un egoista romantico, come lei si definisce.
"È una citazione di Scott Fitzgerald che ho preso in prestito per descrivere la mia generazione. Noi figli del Sessantotto, con genitori che hanno vissuto la rivoluzione sessuale, abbiamo perso ogni illusione. Nelle relazioni amorose siamo nichilisti, egoisti, anche depressivi. Marc Marronnier cerca di suicidarsi all’inizio del film".
Lacan sosteneva che l’amore è sempre una forma di suicidio.
"L’innamorato si sente invincibile e può, in questo Lacan ha ragione, mettere in pericolo la sua incolumità fisica e mentale. Fa un salto nel vuoto. Louis Aragon ha scritto: “Non esiste amore felice”. La paura della sofferenza ci rende incapaci di amare".
"Il primo anno c’è la passione. Il secondo, subentra la tenerezza. Il terzo, la noia".
"È quel che sostengo nel libro. Il titolo è provocatorio, anche se mi sono basato su statistiche oggettive. La maggioranza dei matrimoni fallisce entro i primi tre anni. Sono anzi convinto che oggi il ciclo si sia accelerato".
Come un prodotto in scadenza. Da consumarsi entro?
"Ho pubblicato il libro nel 1997. Non c’erano cellulari e Internet. Da allora le possibilità di incontro e dunque di separazione si sono moltiplicate. Appena si affaccia la noia, scatta la tentazione di andare a cercare altrove. E per farlo, basta un clic o un sms. In un regime di libertà permanente è difficile costruire un amore durevole".
Dire a qualcuno "Ti giuro amore durevole" è così poco romantico.
"Eppure è la sincera verità. Sopravvivono altre forme di amore eterno: la fede, il rapporto tra genitore e figlio. Nella coppia bisogna accontentarsi di una durata a tempo limitato. Il filosofo Pascal Bruckner, che recita nel mio film, ha parlato di paradosso amoroso. Come essere liberi ed accettare di amare, dunque di essere in qualche modo dipendenti? Ci muoviamo dentro a questa contraddizione. Bisogna essere realisti".
Il realismo è una variante più elegante del cinismo?
"Come tanti coetanei, negli affetti sono estremamente pavido. Chiedo amore a rischio zero. Vale anche per le donne. L’altra protagonista del film, Alice, è sposata. Quando incontra Marc e diventano amanti si rifiuta di separarsi dal marito. Teme di soffrire".
Il quarantenne in fuga dalla coppia è diventato un cliché.
"Nel film ho cercato di smascherare la posa dei quarantenni sprezzanti, che ridicolizzano i sentimenti. Mi era piaciuto molto "L’ultimo bacio" di Gabriele Muccino. Condivido quell’amarezza, quella sottile crudeltà nel fare l’autoritratto di una generazione ".
Alla fine, però, ci ricasca sempre. Parla solo di amore.
"Ora che non possiamo più cambiare il mondo, avere il cuore che batte sembra già una rivoluzione. È l’ultima utopia che ci rimane".
Però abbiamo smesso di credere al Principe Azzurro?
"È stato un formidabile concept di marketing romantico. Ma non esiste. E se esiste è un bastardo. Oggi amiamo l’amore più delle persone. È un grave errore. Siamo alla ricerca di dichiarazioni metafisiche, mentre dovremmo trovare qualcuno in carne e ossa, con difetti e debolezze, tutto ciò che rende una persona unica e umana".
Ancora una citazione dal suo libro: "Amare qualcuno che ci ricambia è narcisismo. Amare qualcuno che non ci ama, questo è amore".
"L’amore, come la religione, è un atto di fede. È ancora quanto di meglio possa capitare nella vita. Non è mai stata inventata una droga così potente. Come scrittore è il filo che mi permette di raccontare storie e personaggi".
Almeno su questo non esistono diritti d’autore.
"Mi piace vedere come la passione riesca comunque a scassinare i meccanismi di protezione che si costruiscono i personaggi. Per il narratore è affascinante descrivere la perdita di controllo, il momento in cui si è costretti a vivere".
Qualche libro o pagina da ricordare?
"Sono fanatico della doppiezza. Quei personaggi che fanno finta di essere debosciati ma poi sono i primi a cadere nella trappola del romanticismo, perché ne hanno bisogno. Penso a "Les Caprices de Marianne" di Alfred de Musset. Octave che cerca di sedurre Marianne per conto di un suo amico e invece se ne innamora. È quello che in Francia chiamiamo marivaudages. L’intreccio di menzogne e tradimenti dentro alle relazioni amorose".
La gelosia è un sentimento che non passa mai di moda.
"Si rafforza nel momento in cui l’amore diventa fragile, precario. La gelosia è inevitabile, naturalmente presente in ogni rapporto. Bisogna cercare di controllarsi perché non è un sentimento sexy, un po’ come essere tirchi. Ma non c’è scampo. In passato, molti celebri esperimenti di coppie aperte sono miseramente fallite per colpa della gelosia".
Come scrittore, pensa che la frase “ti amo” abbia perso o guadagnato intensità?
"Serve la persona giusta, bisogna essere molto fortunati. L’amore è quello stato di grazia che è raccontato in Io e Annie. Woody Allen è con Diane Keaton in cucina. Cercano di cuocere un’aragosta viva che scappa. Ci sono attimi di panico, tra le risate. Alla fine del film, Allen rifà la stessa cena con un’altra donna, una ex mannequin, giovane e seducente. Ma non funziona. Si annoia profondamente. Cucinare un’aragosta viva può essere molto divertente o terribilmente squallido. Ecco cos’è l’amore".

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