martedì 15 aprile 2014

La paura


La maggior parte di noi tende a evitare di confrontarsi con tutto ciò che la turba, la spaventa o l’inquieta, insomma con quel negativo che si sforza di evitare. Ma si tratta di un lavoro tanto spossante quanto improduttivo perché, come osserva il maestro zen Ezra Bayda: "l'intensità del desiderio di evitare le paure si riflette come uno specchio nel modo in cui viviamo la vita, perché le paure ci chiudono e ci frenano. Ci rendono insensibili al desiderio di vivere una vita autentica e di conseguenza, anche se mettiamo in atto le nostre strategie di controllo, lentamente ristagniamo nell'insoddisfazione, nella frustrazione, in un senso di sconnessione". Il rimedio si rivela allora peggiore del male che avrebbe dovuto curare perché, "nel tentativo di controllare il nostro mondo per renderlo comodo e sicuro, abbiamo ristretto l'esistenza al punto di vivere un surrogato della vita". Siamo così schiavi della paura di incappare "in conseguenze che immaginiamo terribili", da non renderci conto che "il surrogato della vita che viviamo arrendendoci alla paura è già una conseguenza terribile".
Per porre rimedio a questo paradosso occorre vincere i tre nemici che si oppongono a quel processo di crescita e consapevolezza al quale c’invitano sia Hegel che lo zen: la paura, l’impazienza e l’ignoranza.
La prima ci spinge a fuggire da questo compito, faticoso ma proficuo, indicandoci vie di fuga che, come abbiamo visto, sono in realtà veri e propri percorsi di perdizione, nel senso che alienano il soggetto dal mondo e da se stesso; la seconda, sotto la pressione dell’immediatezza, impedisce di soffermarsi presso ogni momento del processo e, dunque, di coltivare e crescere quelle possibilità feconde del negativo che, senza il nostro modo di prendercene cura, non si realizzerebbero; la terza ci induce ad assolutizzare il negativo dimenticando ch’esso invece è solo una fase del processo della realtà che, correttamente compreso, appare come momento dialettico dello sviluppo unitario del tutto, unico punto di vista giusto sulla realtà.

Con questo testo di Moreno Montanari, tratto da "La filosofia come cura" ed. Mursia, intendo dare uno mano a chi è stato vittima di questo sentimento e non ha saputo soffermarsi per conoscerlo e superarlo.

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