Si dice che il lavoro dei genitori sia, fondamentalmente, un lungo addio. È vero! È un lungo addio che si compone di definizione e determinazione, ovvero che lentamente, attraverso la distinzione (la differenziazione dall’altro), permette al figlio di costituire sé stesso arrivando all’autodeterminazione, ovvero al divenire adulto. La crescita è quindi la costruzione di confini e limiti, che presuppongono distanza e allontanamento, attaccamento sì, ma con riconoscimento di sé e dell’altro come esseri di-versi. Sembra un processo complesso, in realtà è molto naturale e soprattutto è un’esperienza autentica d’amore. Quando questo processo non viene permesso, o concesso, quando il nucleo familiare cioè non permette auto definizione perché non riesce a concepire il figlio come un essere a sé stante, distinto, ma lo rende solo un escrescenza del proprio sé e della propria soddisfazione narcisistica, allora è l’esperienza d’odio e di aggressività che la fa da padrone nella crescita di quel figlio. Poiché quel figlio non si sente amato. Poiché quel figlio non è stato riconosciuto. E per questo odierà.
Agnese Scappini
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